Leo & Lou, Agata Matteucci, Edizioni Il Foglio, 2009

Striscia umoristica in bianco e nero. Parla d’amore, anzi dell’affettività, della complicità e delle incomprensioni sentimentali che possono provare due ventenni.
È un amore goffo e ingenuo, con innumerevoli lati comici, a volte involontari, soprattutto per chi si limita a osservarlo e non ne è direttamente coinvolto (altrimenti, la commedia fa presto a rovesciarsi nel tragico).
Leo & Lou copÈ l’esordio di Agata Matteucci, che nell’occasione sceglie uno schema fisso: un titolo e una tavola scandita in otto vignette di uguali dimensioni, a cui ogni tanto associa una tavola chiusa in una sola battuta:
– Non ho più la facoltà di decidere per me stessa.
– Entra in politica, così decidi per gli altri.

Il disegno è minimale, focalizzato sulle espressioni del viso e le posture dei corpi, con riferimenti abbastanza evidenti ai Peanuts, a Bristow, Calvin & Hobbes e ai frustrati della Bretécher.
Leo e Lou sono diversi, forse complementari. Lei è più sensibile e introspettiva, lui (in apparenza) più cinico e desideroso di apparire “grande”. Leo fuma spesso e mostra una coscienza politica superficiale quanto intransigente. A Lou piace metterlo alla prova, sottoporlo a trabocchetti, come quando gi chiede di dare una svolta al loro rapporto, magari provando una relazione di solo sesso: si aspetta che lui sdegnosamente rifiuti, invece Leo sarebbe entusiasta (o almeno, con quell’aria perennemente disillusa, fa finta di crederlo). Per una cinquantina di tavole parlano e parlano, non fanno praticamente niente (Leo è di una pigrizia invincibile): è un universo a due, privo di genitori, amici, altre presenze (televisione a parte).

Lou è inguaribilmente romantica, ottimista e sognatrice; Leo si mostra imbronciato, angosciato, schiacciato sul presente, quasi incapace di immaginare un futuro desiderabile. L’ambientazione è quasi sempre a letto, sotto le coperte. È lì che si innescano i battibecchi. Quando Lou chiede a Leo – concentratissimo davanti alla partita di calcio – “perché le due squadre si scambiano le maglie fra il primo e il secondo tempo, confondendo le idee a chi guarda, sembra di assistere ai dialoghi coniugali fra Sandra e Raimondo, con cinquant’anni di meno.
Oppure, davanti al duello verbale su chi si faccia preferire fra Harry Potter e Il Signore degli Anelli, mi è venuto da pensare al Woody Allen di Radio Days, quando descriveva i genitori sempre intenti a bisticciare su qualsiasi argomento, persino la dimensione degli oceani.

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