La penso come Tanjevic, prenderò qualche anno sabbatico dal basket italiano

Due anni fa, l’Armani Milano quadruplicò l’ingaggio ad Awudu Abass, giovanissimo capitano di Cantù, e lo vestì di rosso. Solo il conto in banca di Abass – cresciuto nelle giovanili canturine – ha tratto beneficio da quella scelta: il giocatore è sceso in campo pochissimo, non è migliorato, anzi è regredito (lo dimostra il rendimento in Nazionale) e quest’anno pare si sia deciso a cercare fortuna altrove.

L’anno prossimo che l’Armani Milano vestirà di rosso Christian Burns, che quest’anno ha fatto una magnifica stagione a Cantù. Facile prevedere che l’ingaggio sarà moltiplicato per 3, per 4 o per 5, e che Burns – nonostante sia ben più affidabile di Abass – giocherà la metà dei minuti e avrà meno tiri o rimbalzi decisivi.

I campioni d’Italia già schierano un altro giocatore scoperto da Cantù, il serbo Vladimir Micov. Fu canturino per due stupende stagioni, fra il 2010 e il 2012, poi firmò un ricchissimo contratto con il Cska Mosca, e poi ha militato nel Galatasaray in Turchia. A 32 anni, solo una società italiana poteva permetterselo: Milano.

Notizia di un paio di giorni fa, ha firmato un pluriennale per Milano l’ennesimo ex canturino, Jeff Brooks, ora dotato di passaporto italiano.

La morale della favola: i migliori giocatori vogliono giocare in Eurolega, e solo Giorgio Armani può garantirglielo.

Senza Abass, ma con Brooks, Micov e Burns, Milano rivincerà lo scudetto e, chissà (non glielo auguro), potrebbe finalmente fare una figura decente in Eurolega.

Ma come si fa a tifare Cantù, ad appassionarsi per un settimo posto, quando la massima aspirazione è battere Milano ed eliminarla, come quest’anno, dalla Coppa Italia?

Esaurito lo sfogo – avrei potuto scrivere le stesse frasi anni fa, a proposito di Siena, che scippò a Cantù Stonerook, Kaukenas e Bootsy Thornton – il mio disamore per il basket nostrano deriva anche dalla bassissima qualità dello spettacolo e dal forsennato turn-over di giocatori (Cantù ne cambia 8 o 9 ogni anno). Alla base ci sono regole cervellotiche, una classe dirigente incapace – l’assenza dalle ultime 4 Olimpiadi è una macchia indelebile – e la strapotenza di una società – quella milanese – che, scomparsa Siena, può fare il bello e il cattivo tempo. Gli succede di perdere qualche scudetto, per clamorosi autogol.

Mi riconosco, perciò, in quanto ha detto il direttore tecnico delle Nazionali italiane, Bogdan Tanjevic: “Non sono un grande estimatore di una competizione squilibrata, con un club da 25 milioni di budget che si confronta con altri da 3 – 4, forse 5. Ci sono troppi stranieri, alcuni davvero di scarsa qualità. La mia formula ideale? Due stranieri e 10 italiani, mi spiego: quando anni fa si giocava con due soli stranieri la Serie A era la migliore d’Europa e la più ricca, poi l’Italia non è riuscita a sottrarsi alle conseguenze della legge Bosman, una ferita mortale per lo sport. C’è stata un’invasione dall’estero e la crisi economica ha fatto il resto, con il risultato che il nostro campionato ora è il sesto–settimo in Europa”.

Con un club che può disporre di risorse 5 volte superiori (8 volte, rispetto alla neopromossa Trieste), cosa resta del campionato italiano? Altri potranno ancora appassionarsi ai “miracoli” (con trofeo) di Sassari e Venezia, o a quelli (senza trofeo) di Reggio Emilia, Avellino e Trento. Io non ne ho più voglia.

8 risposte a "La penso come Tanjevic, prenderò qualche anno sabbatico dal basket italiano"

  1. Giovanni Eresia Cuppini 29 giugno 2018 / 12:30

    Rudi, Boscia la sa lunghissima e dunque anch’io (tifoso Varese, perdonami) la penso allo stesso modo. è la medesima situazione del calcio; una situazione che, tra l’altro, ha portato alla progressiva svalutazione di tutte le coppe europee che non siano la Champions o Eurolega. delirante.

  2. Masspi 29 giugno 2018 / 13:25

    Quindi 10 x 16 =160 italiani degni di giocare in A1 come Ancellotti Lechtaler e compagnia cantante palazzetti pieni sponsor a frotte e soprattutto un grande richiamo per investitori esteri, poi ai giocatori buoni italiani che volessero andare all’estero,glielo spieghi tu che devono restare perché se no non arriviamo ad avere abbastanza giocatori per fare il campionato.

  3. francesco 29 giugno 2018 / 13:51

    Mamma che esagerato sei. I budget sono diversi da anni eppure hanno vinto anche altri ed anzi Milano per anni non ha vinto nulla come sai

    Nel basket ci sono troppe gare e a distanza ravvicinata, è questo che fa perdere entusiasmo

    • Rudi 30 giugno 2018 / 08:54

      Milano quando non ha vinto è perché ha saputo commettere errori assurdi… Se puoi schierare 15 giocatori e gente come Cusin, Abass, Pascolo, nonché qualche americano può restarsene seduta a sventolare asciugamani, mentre gli altri giocano in 6 o in 7, riuscire a perdere è da incapaci, ma non c’è alcun equilibrio competitivo.
      E’ come il Barcellona e il Real quando giocano contro Osasuna e Malaga (con la differenza che nel basket italiano c’è solo una corazzata, nemmeno due). Ma se ti diverti così…

      • francesco 30 giugno 2018 / 09:45

        Divertirmi no. Il basket moderno è noiosissimo

  4. Danilo Santoni 29 giugno 2018 / 16:21

    Guarda Rudi,
    anche io amo il basket; quest’anno mi sono trovato a seguire una squadra romagnola di serie B perché ci giocava mio nipote di 18 anni; mi sono divertito molto di più rispetto alle partite dei “piani superiori”.
    Poi se voglio vedere dei campioni all’opera c’è sempre la NBA…

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