#Brit-Pop 21: Queen

Freddie Mercury più Brian May più Roger Taylor più John Deacon: avessi fatto la classifica degli spettacoli dal vivo, sarebbero fra i primi 5 e continuo a ritenere che nessuno a Live Aid abbia prodotto una performance a livello dei loro 20 minuti nel catino di Wembley.

Band da greatest hits più che da album, da ricombinazione di ingredienti più che da invenzioni originali, ci ha consegnato fiammeggianti inni da stadio; Mercury era il leader, ma tutti e 4 hanno firmato pezzi formidabili.

Hanno elevato il barocco verso limiti impensati, bordeggiando stili diversi e saccheggiando chiunque. Celebrati nel film Bohemian Rhapsody, va riconosciuto ai Queen di aver tenacemente inseguito il successo popolare con equivoci sbandamenti (imperdonabile l’aver suonato a Sun City), ma senza smarrire una certa onestà intellettuale, consapevoli del mondo working class da cui provenivano.

Pietre miliari: Bohemian Rhapsody, Don’t Stop me Now, We Are the Champions, Who Wants to Live Forever, The Show Must Go On, Killer Queen, Bicycle Race, Love of My Life.

7 risposte a "#Brit-Pop 21: Queen"

  1. Sigfrido Millequadri 22 marzo 2020 / 15:42

    Condivido l’analisi. Non li avrei messi più in alto ma va loro riconosciuto di aver messo tutti in riga al Live Aid. Straordinari alcuni singoli più deboli negli album.

  2. denny 22 marzo 2020 / 16:56

    Mi metto sempre nei guai quando lo dico, ma a me Freddy Mercury faceva lo stesso effetto che a te faceva Sting, bravo x carità, mezzi vocali straordinari, ma si atteggiava un po’ troppo x i miei gusti… ok, adesso via con gli improperi

    • antoniodaroma 22 marzo 2020 / 19:41

      Dai mi sacrifico volentieri: prendiamo a metà gli improperi.
      Non li ho mai sopportati. Ancora meno adesso con le beatificazioni postume del leader. Stucchevoli

      • denny 22 marzo 2020 / 23:19

        No, ma molte canzoni come quelle citate da Rudi mi piacciono pure, è che mi irritano un po’ gli atteggiamenti troppo teatrali e la cura esagerata del look, che secondo me molti cantanti/musicisti usano x distrarre l’attenzione. Tanto x dire, ricordo che anni fa vidi un concerto di Pat Metheny (che considero un grande) e oltre alla musica mi piacque molto il fatto che lui e gli altri componenti del gruppo si presentarono sul palco in jeans e scarpe da tennis senza trucchi, scenografie etc. semplicemente con i loro strumenti, si vedeva che suonare era la loro passione e ci si dedicavano al massimo senza perdere tempo con quello che un mio amico romano definirebbe “frocerie”. Scusate la lungaggine, non so se ho reso l’idea, forse ho gusti troppo terra terra

  3. metalupo 22 marzo 2020 / 17:18

    In tutta onestà 21esimo posto mi sembra pochino…
    Tutto il pianeta conosce Bohemian o We are the champions.
    Più che altro ti concedo un Brian May molto molto sopravvalutato.

  4. Bruno Sala 22 marzo 2020 / 19:57

    Divisivi come pochi altri, se piacciono di solito sono idolatrati, se non piacciono, sono detestai

  5. luigi cavallaro 23 marzo 2020 / 22:54

    Nella luccicante tragicità dei loro brani, fantasmagorico patchwork di generi diversissimi rifusi insieme con straordinaria originalità (e, bisogna aggiungere, resi sublimi dall’interpretazione di Freddie Mercury), c’è la vera cifra filosofica degli anni ’80: cos’è il postmoderno si capisce molto più ascoltando Bohemian Rhapsody che non leggendo Lyotard o Vattimo.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.