Tarabas. Un ospite su questa terra, Joseph Roth, 1934

“Sfrenato e tenero, pronto a picchiare e a baciare”, “coraggioso per paura, e violento per debolezza”, Nikolaus Tarabas è fuggito dalla Russia zarista, nel 1914, per trovare rifugio a New York. La fuga è dovuta a un problema con la legge. Giovane e impulsivo, Tarabas sente una forte nostalgia per la patria, e si lega a una giovane connazionale, Katharina, che fa la cameriera. In una fiera ambulante, una zingara gli legge la mano, Tarabas è molto superstizioso; innanzitutto, la zingara indovina la sua lingua materna e in quella lingua gli dice: “Io leggo nella sua mano che lei è un assassino e un santo. Peccherà ed espierà, il tutto ancora sulla terra”.

Quando arriva la notizia dello scoppio della guerra fra l’Austria e la Russia, Tarabas corre incontro al suo destino: va ad arruolarsi. Sbarca a Riga. Impetuoso, facile agli entusiasmi, non ha paura di nulla e si sente in diritto di esaudire ogni suo desiderio. Perciò va incontro a cocenti delusioni. Passa a salutare la sua famiglia, la sera prima di partire per la guerra fa sesso, due volte, con una giovanissima cugina. Promette di sposarla, al ritorno. Se ne dimentica poche ore dopo. Come si era dimenticato dei solenni giuramenti a Katharina.

In guerra, si esalta. “Ubbidiva e comandava, e tuto con lo stesso piacere. Era l’ufficiale più coraggioso del suo reggimento”. Viene promosso capitano. “Conobbe la greve ubriachezza e l’effimero amore. Dimenticati erano casa, podere, padre e madre e la cugina Maria”. Trascinato da un irrefrenabile vitalismo, non gli importa che la guerra si tramuti in disfatta, che le sue terre vengano invase. A Tarabas interessa di essere amato e temuto dai suoi uomini, e lui amava la distruzione e il combattimento. “Non fu mai ferito, né mai malato; e neppure chiese mai un permesso. Era l’unico nel suo reggimento che non riceveva posta e non ne aspettava”. In ogni villaggio, si accoppiava con la ragazza che gli piaceva di più. La sua unica “patria” è la guerra, la caotica guerra che infuria sulla frontiera occidentale dell’Impero russo… Scoppia la Rivoluzione. A Tarabas non importa nulla dello Zar, ma vede sottufficiali e soldati disertare. Con gli ultimi ventisei fedeli, si presenta a Pietroburgo, al ministero della Guerra: lascia una così forte impressione, che lo nominano colonnello e lo incaricano di formare un nuovo reggimento.

Per settimane, non ricevono la paga, perciò rubano. La popolazione di Koropta è costretta a nutrirli. In tempo di pace, le qualità di Tarabas appaiono inutili. Gli viene dato l’ordine, da un piccolo, oscuro generale, di dimezzare il reggimento, scacciandone la parte peggiore, dopo averla ubriacata con alcol e acquavite per sfilarle le armi… Ma gli effetti dell’alcol si rivelano incontrollabili. Alcune decine di soldati lasciano la guarnigione e invadono il paese vicino: “Si preparava la sventura, la grande sanguinosa sventura di Koropta; e insieme il funesto traviamento del potente Nikolaus Tarabas”.

Si scatena il massacro, Tarabas è troppo ubriaco per impedirlo. Solo un piccolo drappello di soldati cerca di fare il proprio dovere, ma viene sopraffatto dalla massa dei contadini e dei disertori, quei militari che avrebbero dovuto essere espulsi. Sono pagine agghiaccianti, potentissime, memorabili. La notizia del pogrom arriva nella capitale; il generale capisce subito che Tarabas non ha fatto il proprio dovere. Schiantato dal fallimento (è morto il sergente a cui era più legato), “l’eternamente immaturo Tarabas, a cui i sensi confondevano la testa, che si abbandonava agli eventi come arrivavano: all’omicidio, all’amore, alla gelosia, alla superstizione, alla guerra, alla crudeltà, alla ubriachezza, alla disperazione”.

Tarabas, un ospite su questa terra enne pubblicato in tedesco dall’editore Querido, ad Amsterdam; era uscito a puntate (dal 26 gennaio al 16 marzo 1934), sul giornale antifascista Pariser Tageblatt. È uno degli ultimi romanzi di Roth, scritto quando viveva in esilio a Parigi. Il 30 gennaio 1933, il giorno in cui Hitler divenne cancelliere del Reich, Roth lasciò la Germania; in una lettera a Stefan Zweig, mostrò una sorprendente chiarezza di vedute e un atteggiamento di assoluto rifiuto del nazismo. Presto anche i suoi libri furono dati alle fiamme.

In copertina un dipinto di Nikonov del 1920, L’entrata dell’Armata Rossa a Krasnojarsk. La traduzione per Adelphi è di Luciano Fabbri.

2 risposte a "Tarabas. Un ospite su questa terra, Joseph Roth, 1934"

  1. Tiziano (@michesere) 23 aprile 2021 / 14:27

    Joseph Roth è la madeleine che mi riporta ai tempi universitari, al corso su Svevo del prof. Guido Guglielmi in via Centotrecento. Tarabas, Giobbe, La cripta dei cappuccini, La marcia di Radetzky, Fuga senza fine, Il profeta muto,,, Un bel mi ricordo, grazie Rudi

    • Rudi 24 aprile 2021 / 09:33

      Ah, via Centotrecento…
      Ho letto Giobbe, Fuga senza fine, Il santo bevitore.
      Tarabas l’avevo letto esattamente quarant’anni fa: la scena del pogrom, però, non l’avevo dimenticata.

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