Thomas Mann, Giovanni Testori e il poeta Rocco Scotellaro sono le principali fonti di ispirazione di questo affresco della periferia milanese nel pieno del boom economico.
Visconti confeziona un melodramma tempestoso, con scene magistrali, di lancinante potenza: fotogrammi incisi a ferro e fuoco nella storia del cinema. Purtroppo, alla scrittura, hanno collaborato fin troppe mani: Suso Cecchi D’Amico, Vasco Pratolini, Giovanni Testori, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Enrico Medioli. Ne è derivata una geografia sentimentale un po’ caotica, fondata sui legami di sangue che sorreggono una famiglia lucana emigrata nella metropoli e stremata da uno struggle for life di umiliazioni e sconfitte, disonore e sacrifici, dalla quale ognuno uscirà trasformato.
Vincenzo, Simone, Rocco, Ciro e Luca sono i cinque fratelli, le cinque dita di una mano:, il loro legame prevarrà su qualsiasi altro, ma non tutti riusciranno a restare a Milano. Impossibile dimenticare Alain Delon (Rocco), ma a spiccare sono le interpretazioni di Renato Salvatori (Simone) e Annie Girardot (Nadia, la prostituta amata da Simone e Rocco); piccoli, incisivi ruoli per Paolo Stoppa e Corrado Pani, Spiros Focás (il fratello più grande, il primo emigrato a Milano) e Claudia Cardinale (sposata malgrado i litigi tribali).
Goffredo Lombardo e la Titanus consentirono a Visconti di avvalersi di collaboratori come Giuseppe Rotunno (fotografia in bianco e nero), Mario Serandrei (montaggio), Piero Tosi (costumi) e Nino Rota (musiche). La censura si abbatté sull’opera, obbligando a tagli di quasi quindici minuti, motivati dalla decrepita accusa di immoralità, che certi capi democristiani si sentivano in diritto di emettere. Chiedendo il sequestro delle copie oscurate, Visconti ricorse inutilmente alla magistratura: solo il 17 maggio 2015, al Festival di Cannes, si è potuta vedere la versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, senza i tagli della censura.
Vasco Pratolini ha scritto la sceneggiatura anche di quest’altro indimenticabile film: