Due mesi di guerra: la vera domanda e i legittimi dubbi sull’efficacia delle sanzioni

La domanda di partenza – che fine farà l’Ucraina? – mi sembra ormai secondaria. La domanda che oggi si impone è un’altra: che fine farà la Russia?

Basta dare un’occhiata alla carta geografica per coglierne le spaventose proporzioni. L’enormità della Russia, il suo stare in due continenti, il suo viversi sia come Europa che come Asia, il suo evidente declino da “paese sottosviluppato con armi nucleari”, pongono problemi giganteschi, che la guerra in Ucraina non potrà risolvere, qualunque sia il suo esito.

Dove si fermerà l’avanzata dell’esercito di Putin? Quali pezzi del territorio ucraino verranno reclamati? Quanti milioni di abitanti verranno deportati? Quanti altri mesi, o anni di guerra ci aspettano? Ognuna di queste specifiche domande rimanda alla domanda più grande, perché la Russia appare come un gigante messo all’angolo, sulla sua carcassa da spolpare si agitano famelici opportunisti, la tentazione dell’arma nucleare si fa ogni giorno più forte, nulla di più terribile all’orizzonte. È la più vasta nazione del mondo, che controlla il secondo arsenale nucleare in ordine di potenza.

Il vecchio “ordine internazionale” è in frantumi. Le alleanze politiche degradano ad alleanze militari. La globalizzazione scricchiola, l’Europa si è inginocchiata alla superpotenza alleata, persino le istituzioni sportive smarriscono ogni autonomia e rispondono al richiamo della foresta: già esclusi dai Mondiali di calcio e dall’Eurolega di basket, i russi si vedono allontanare da Wimbledon, e le Olimpiadi di Parigi sono a un passo.

Fatica ad allargarsi, nel mondo, un movimento contro la guerra: troppo profonda la frattura fra chi viene accusato di filo putinismo e chi appare subalterno alla Nato.

L’invio di armi all’Ucraina è il punto critico. Non ci sono alternative, se si vuol essere coerenti con il postulato dell’aggressore e dell’aggredito (non userei “invasore, invaso e invasato”, almeno la guerra andrebbe sottratta dalla dialettica dei talk show). L’aggredito, anche il più antipatico, ha diritto alla legittima difesa. L’autodeterminazione dei popoli non può piegarsi alla simpatia che suscitano i momentanei governanti. Ma come si fa, dopo due mesi di martellante propaganda, a non vedere che in Ucraina si combatte una guerra per procura, che quelle pianure rappresentano il provvisorio terreno di scontro fra Nato e Russia? Così la vedono più di 130 Paesi al  mondo, a partire da Cina e India, che non applicano le sanzioni alla Russia.

Della Nato, l’Italia non mette in discussione nulla, compreso il voltafaccia sul solenne impegno a non allargarsi verso Est nemmeno di un pollice, proclamato da Baker dopo la caduta del Muro. Com’è vero che in Ucraina c’è un aggressore e un aggredito, è vero anche che la Nato ha scelto di effettuare tre gigantesche e provocatorie esercitazioni belliche in Ucraina: da “Brezza marina” (giugno 2021, con la partecipazione di 32 paesi) a “Tre spade (luglio 2021), fino a “Tridente rapido” (settembre 2021). Cosa sarebbe successo se l’esercito russo si fosse “esercitato” così a Cuba o in Venezuela?

Far durare la guerra per indebolire Putin finché qualcuno non lo deponga: a me pare sia questa l’unica strategia dell’Occidente. E tre quarti del pianeta non condivide questo approccio.

Quanto all’efficacia delle sanzioni – quelle che starebbero al bivio fra pace e condizionatore – riprendo cose ha scritto Casey Michel sull’Atlantic, ripreso da Americana, la newsletter di Internazionale.

“Negli Stati Uniti l’anonimato finanziario fa in modo che sia relativamente semplice per le persone ricche e potenti aggirare le sanzioni economiche. Un oligarca russo può avere una proprietà da decine di milioni di dollari a Washington; una serie di fabbriche di acciaio nella regione industriale; una quota di maggioranza in un hedge fund di Greenwich, in Connecticut; può comprare opere d’arte attraverso dei prestanome. E tutta quella ricchezza può essere nascosta – in modo perfettamente legale – grazie a società di comodo e trust che sono molto difficili da controllare… Il Delaware ha permesso a chiunque di aprire società di comodo anonime, mentre il South Dakota e altri stati hanno inventato nuovi strumenti per l’anonimato finanziario che impediscono perfino al governo federale di capire chi c’è dietro quelle compagnie”.

5 risposte a "Due mesi di guerra: la vera domanda e i legittimi dubbi sull’efficacia delle sanzioni"

  1. calci0mercat0 26 aprile 2022 / 12:07

    Negli ultimi tempi ho riletto Lo scontro di civiltà di Huntington, non certo un mio riferimento politico e intellettuale. Ma devo dire che lì dentro ci sono molte pagine che aiutano a capire quanto sia in ballo in Ucraina, molto più del Donbass.
    La Russia è un paese in bilico da secoli, l’Ucraina si sapeva da trent’anni che fosse una linea di faglia pericolosa, stanno convergendo lì tutte le contraddizioni di un mondo multipolare che per troppo tempo abbiamo nascosto sotto a un’idea unica di globalizzazione.

    • rugherlo 26 aprile 2022 / 17:55

      Far durare la guerra per indebolire Putin finché qualcuno non lo deponga: a me pare sia questa l’unica strategia dell’Occidente. E tre quarti del pianeta non condivide questo approccio.
      Ho l’impressione che anche Putin voglia questo, per giustificare l’annessione di altri territori che non siano il sud dell’Ucraina.
      Ma in tutto questo disastro sarebbe troppo chiedere al governo dei migliori una politica estera che nkn di limiti a mandare armi, ripetendo quello che dice Washington parola più parola meno?

    • Mattia Payer 26 aprile 2022 / 23:34

      Huntington l’ha scritto per fornire un quadro alla dottrina Wolfowitz, infatti uno studioso serio (C Johnson) si è dimesso dal consiglio (quale non ricordo, è nelle ultime 2h di questo video, https://www.youtube.com/watch?v=K8Ilx0PxsQk questo weekend fornisco il riferimento preciso)

      • Mattia Payer 26 aprile 2022 / 23:49

        a 8:06:25 se avete occasione, guardate/leggeteLo.

      • calci0mercat0 27 aprile 2022 / 10:05

        Huntington per me è “un nemico”, anche solo per la celebre trilaterale, ma ho imparato che si ottengono informazioni più interessanti a studiare i nemici che a darsi ragione tra amici. A metà dei novanta, tra lui Mearsheimer e altri, ci fu un dibattito enorme attorno al ruolo dell’Ucraina negli equilibri a est. Non è un caso che proprio lì gli americani abbiano messo il becco negli ultimi anni.
        Capire questo non significa giustificare Putin, anche perché credo che per noi occidentali sia difficile capire fino in fondo lo spirito russo che si è creato dopo la fine dell’URSS, soprattutto attorno alla chiesa ortodossa.

        Come Italia, e come Europa, sappiamo di essere a sovranità limitata, con le basi nato dobbiamo farci i conti. Però, ecco, con Draghi sembra di essere a sovranità azzerata.

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