Too Big To Fail: dopo il colpo di spugna

A parte Gianni Cuperlo, gli altri tre candidati alla segreteria del Pd – in ordine di passione calcistica, Bonaccini, De Micheli e Schlein – hanno accuratamente evitato di prendere la parola sugli scandali giudiziari della squadra del cuore. Ottimi consulenti li avranno consigliati, orientandoli a questo opportunismo, l’ennesimo nel caso del Pd, che nove volte su dieci sembra scegliere la sua posizione dopo aver letto i sondaggi e ciò nonostante (o forse proprio per questo) perde quasi tutte le elezioni a cui partecipa.

Come ragiona il consulente? Soppesa i pro e i contro con una bilancia di precisione. In questo caso, i contro sono otto milioni di tifosi, la tifoseria più numerosa d’Italia, quella che Gravina chiama “brand”, manifestando la sua ritrovata “serenità” dopo lo scandaloso patteggiamento di ieri.

Un patteggiamento che, con rarissime eccezioni, tutto il mondo del calcio italiano si aspettava. Perché la Juventus è «too big to fail», troppo grande per fallire, troppo grande per essere trattata come un Chievo qualsiasi. La Legge può essere uguale per tutti quelli che arrivano fino a un certo fatturato: poi, quando si arriva ai piani alti, è abituata a chiudere gli occhi.

Continua a leggere

Pubblicità

Patteggiamento, il commento di una vittima

Patteggiare con quelli dei 38 scudetti…

Scendere a patti. Purché la giustizia sportiva non si renda ridicola…

#Prisma. #Juventus. #Ceferin. #plusvalenze: l’unica via d’uscita decente

Tutto come previsto, tranne il 4-1 dell’Empoli. Tutto come previsto, ripeto, anche se fino a ieri il 90% della “grande stampa” e delle tivù facevano finta di nulla e discettavano di acquisti, rinnovi, “nuovo inizio bianconero”, illudendo i tifosi – che qualche colpa, bisognerà pur dirlo, ce l’hanno: si sono fidati di ogni wannamarchi che li rabboniva e vendeva loro illusioni di salvezza.

Fra tanti “opinionisti” farlocchi, spiccano quelli che ancora continuano a indicare Ceferin come colpevole. Ho letto che era uno scandalo che Ceferin fosse stato invitato da Zhang all’ultimo derby di Champions. Non ricordo parole scandalizzate quando Ceferin teneva a battesimo la figlia di Andrea Agnelli. Ma ogni giorno si allunga la lista – inaugurata da Luciano Moggi – di quelle facce davanti alle quali cambio canale in un centesimo di secondo.

La giustizia sportiva ha fatto una brutta figura: punti tolti, ridati, ritolti; tempi caotici. Ma dalla Juve non è ancora venuta mezza parola per ammettere la colpa, anzi la nuova classe dirigente scelta da John Elkann continua a dire che non è stato commesso alcun illecito. E gli avvocati ci sguazzano, fra ricorsi, richieste di cambiare sede del processo, vistosi tentativi di perdere tempo e acciuffare la prescrizione.

Le dimensioni della “botta” giudiziaria che colpirà la Juventus saranno più chiare fra qualche settimana (il 15 giugno è convocato il processo sugli stipendi e le partnership). Pare chiaro che l’Europa resterà un miraggio per anni. Ero certo – l’ho scritto – anche della Serie B, ma le dichiarazioni di Abodi e Gravina (“tutelare il brand”, non l’onestà della competizione) mi hanno ricordato che paese è l’Italia, che sei un potente hai diritto a un “rispetto” che il Chievo non merita, nonostante la “recidività”: quella società è stata coinvolta in tutti gli scandali calcistici di questo secolo (senza dimenticare lo scudetto scippato all’Inter nel 1997-98).

La mia speranza è che a una via d’uscita si stia già lavorando. Leggo di un’offerta faraonica di Elkann a Lewis Hamilton (il CR7 della Formula 1) per guidare la Ferrari il prossimo anno; forse è il segno di una scelta già fatta, reinvestire su un marchio prestigioso e disinvestire su un marchio rovinoso.

Auspico che la Juventus esca dalla Borsa, dopo aver derubato qualche decina di migliaia di poveri illusi. Exor potrebbe pilotare il riacquisto di azioni che già valgono poco più della carta su cui sono stampate, e a quel punto mettere in vendita il Club. Qualche emiro si farà avanti.

E nel momento in cui la Juventus non sarà più degli Agnelli-Elkann, comincerà un’altra storia del calcio italiano.

4160, mi ricordo

Mi ricordo di aver sempre apprezzato chi si batteva contro il doping, ma di non aver mai avuto fiducia nelle autorità antidoping.

4155, mi ricordo

Mi ricordo che fra milioni di parole che si spendono in caso di alluvioni, è raro trovarne alcune che sono cruciali: “oneri di urbanizzazione”.

Libici

Victor Serge, È mezzanotte nel secolo, Edizioni E/O, 1939

Kostrov ha una moglie e una figlia, insegna all’università materialismo storico, sta tenendo un corso sulla Rivoluzione francese. Ha capito che presto verrà arrestato, non importa per quale colpa. In effetti, lo prelevano e rinchiudono in un’enorme cella puzzolente, che divide con molti altri detenuti, per reati diversi. In seguito, quando verrà trasferito in una cella singola, a Kostrov verrà da rimpiangere quella compagnia.

Passano settimane, mesi, perde la nozione del tempo. Dopo un malore, scopre che l’hanno arrestato per ciò che aveva scritto a un amico: “La collettivizzazione, nelle sue forme attuali, con le violenze e il disordine, porterà i contadini a schierarsi contro la dittatura del proletariato”.

A quanto pare, anche le sue lezioni all’università risultano gravate da “propaganda controrivoluzionaria”. Gli indicano dei complici, gli mostrano le loro confessioni. Kostrov pensa, delira. Ha maturato una convinzione: “Una malvagia piccola-borghesia ci perseguita anche quando ci arrendiamo. Teme il nostro passato, i nostri silenzi. Quando cediamo, immagina che la si voglia ingannare… Gli uomini del ’17 e del ’20 non le sembreranno mai abbastanza castrati. Hanno sfiorato la terra promessa, assaporato il pane nuovo, superato le prove del fuoco, della fame e della certezza: sono segnati per sempre”.

Decide di scrivere al Comitato Centrale, facendo autocritica (“atto di sottomissione”): in cuor suo, si dà del mascalzone.

Lontano nord, Cernoe: fino a metà maggio, la Cernaja restava ghiacciata, la primavera si faceva aspettare dal piccolo gruppo di deportati politici, che da sette mesi si nutrivano solo di zuppa di cavoli e pane di segala. Sfilano veloci ritratti di alcuni “controrivoluzionari”, considerati tali per aver tentato di ragionare con la propria testa e, così facendo, criticato la linea del Partito, a volte senza nemmeno saperlo. Uno di loro, ormai morto, aveva inutilmente sperato: “Purché viva abbastanza per veder saltare in aria una prigione socialista, una sola, non chiedo di più alla rivoluzione permanente”.

Continua a leggere

Plusvalenze: una lapide bianconera sull’Europa (e il peggio deve ancora venire)

Sono state pubblicate le lunghe e dettagliate motivazioni del Collegio di Garanzia del CONI, sulla decisione di annullare i punti di penalità per la Juventus e di rinviare nuovamente la decisione alla Corte d’Appello federale. “Motivazioni che affossano la Juventus, che dovrà rispondere degli illeciti commessi dai suoi ex dirigenti, anche per il tanto discusso art. 4 sulla lealtà sportiva” – questa frase è di Calcio & Finanza.

Calciomercato.com è, se possibile, ancora più tranciante: “Le motivazioni del Collegio di Garanzia del Coni sono una vera e propria stangata per la Juventus che si è vista respingere quasi in toto l’impianto difensivo che partiva dai vizi di forma e finiva sull’inaccettabilità sia della riapertura del filone plusvalenze da parte della Corte d’Appello Federale, sia sull’impossibilità di passare dall’articolo 31 all’articolo 4 della lealtà sportiva”.

Secondo il Collegio di Garanzia, l’annullamento dell’inibizione nei confronti di alcuni membri (minori) del CdA bianconero suggerisce di rimodulare la sanzione, ma è certo che una nuova penalizzazione ci sarà.

In particolare, viene ribadita «l’esistenza di comportamenti non corretti sistematici e ripetuti, frutto di un disegno preordinato», e si evidenzia come le plusvalenze in casa Juventus hanno «prodotto chiari effetti (voluti dagli stessi attori) sui documenti contabili della società e, quindi, in definitiva, anche sulla sua leale partecipazione alle competizioni sportive».

La penalizzazione sarà afflittiva, toglierà qualcosa alla Juventus. Circola voce che i suoi avvocati puntino a dilatare i tempi per spostare la sanzione alla prossima stagione, ma non sarà così: con il nuovo codice di giustizia sportiva, la Corte convocherà l’udienza entro maggio, e ai primi di giugno arriverà la penalizzazione. A quel punto la classifica sarà chiusa e comunicata alla UEFA.

Ipotesi: anziché meno 15, si stabilisce meno 9: la Juve uscirebbe dalla Zona Champions, ma potrebbe restare in Zona Europa League. Ma non credo che l’UEFA accetterebbe una soluzione così ipocrita.

Ovviamente, non andrebbe dimenticato che i processi sportivi per i (supposti) reati più gravi devono ancora cominciare. Non a caso, sempre più spesso, si parla di “patteggiamento”.

4138, mi ricordo

Mi ricordo Ralph Boston, elegantissimo saltatore in lungo, tre medaglie in tre Olimpiadi consecutive, fra i leader più consapevoli della protesta afroamericana a Messico 68.

#Prisma. Complicato e doloroso, oggi, essere un tifoso della Juventus

Non l’avrei mai voluto, nemmeno all’epoca del Trap e di quella squadra strepitosa che dominò negli anni Settanta, incubando Argentina 78 e Spagna 82. Da Scirea a Cabrini, da Causio a Bettega, da Zoff a Tardelli: che squadra!

Non l’avrei voluto allora, quando li invidiavo, meno che mai oggi vorrei essere nei panni di un tifoso juventino, già depresso per il rendimento “sul campo” e le dimissioni di Agnelli, Nedved, Arrivabene, eccetera, e strattonato da notizie di segno opposto. A questo povero tifoso auguro soltanto di non essere anche azionista, in Borsa i crolli del titolo Juve si susseguono.

A distanza di pochi click, sullo stesso sito, il tifoso bianconero trova la notizia dell’assalto a Youri Tielemans (centrocampista che vorrei tanto all’Inter) e al laterale mancino Grimaldo, e poi che chi intende rinnovare l’abbonamento allo Stadium riceverà un forte rimborso in caso di retrocessione in Serie B… Facile diventare schizofrenici, a leggere certe cose; le reazioni indegne prima di Landucci e poi di Allegri mostrano che il livello di nervosismo ha oltrepassato ogni livello di guardia.

Quanto alle vicende processuali, è ancora calciomercato.com a farci sapere che “la Juventus ha fatto la sua scelta e ha preso la strada dello scontro diretto. Almeno per ora, almeno in questa prima fase dell’iter che potrebbe a questo punto portare a processo la vicenda dell’inchiesta della Procura della Figc sulla ormai celebre “manovra stipendi”. La società bianconera nella giornata di ieri… ha depositato e inviato al procuratore Giuseppe Chiné le proprie memorie difensive tenendo la barra a dritta senza passi verso un possibile patteggiamento e difendendo in toto l’operato del club”.

Difesa ad oltranza, dunque, e si allontana l’ipotesi “patteggiamento”: in realtà, quella soluzione resta possibile, ma lo sconto di pena – rispetto alle richieste – sarebbe inferiore, solo un terzo anziché la metà.

Continua a leggere

Siamo i ribelli della montagna

“CANTACI QUALCOSA!”

Presentato dal sindaco di Correggio, sale sul palco Germano Nicolini, il “comandante Diavolo”, dalla folla partono applausi, e un coro di Bella ciao. Nicolini si commuove, asciuga le lacrime e comincia a parlare:

“Questo è un onore che non fate solo a me. Io sono una persona del popolo, molto modesta, che ha fatto il suo dovere di italiano. Io credo che voi con questo canto, con questo vostro entusiasmo giovanile che mi riporta a cinquant’anni fa, quando anch’io avevo 25 anni, io credo che voi abbiate voluto ricordare tutti i partigiani d’Italia. Io non sono un cultore della musica moderna, non sono neanche un’esegeta, non riesco a capirla in tutta la sua profondità … Sento comunque che parte dall’animo e sento che voi oggi traducete nella musica dell’entusiasmo, della passione, delle sofferenze e dello spirito di lotta dei partigiani, quello che noi siamo stati.”

Una voce dal pubblico: “Cantaci qualcosa!”

“Compagno, io ho avuto modo di cantare quand’ero in carcere ricordando coloro che mi davano la forza di resistere, perché sapevo di essere un partigiano pulito, onesto, che meritava il rispetto del paese e non la carcerazione. Cantavo nel carcere di Regina Coeli, nel carcere di San Gimignano, di Ancona, di Porto Longone, in tutte le galere in cui ho trascorso dieci anni. E nei momenti di disperazione mi ha sorretto il pensiero dei settantamila caduti partigiani e dei sessantamila bruciati nei campi di sterminio, che avevano dato la vita mentre la vita io l’avevo ancora e adesso sono qui a parlarvi. Per dirvi: dobbiamo andare avanti perché la democrazia italiana la vogliamo compiuta.”

Continua a leggere

L’Asterisco (*). Bagatelle sugli affannosi tentativi per salvare la Juventus senza distruggere il calcio italiano

Provo pena per questo Paese, avessi vent’anni di meno, me ne sarei già andato: tare storiche, la diffusa ammirazione per i furbi e il disprezzo per gli onesti, una Seconda Repubblica che ha aggravato ogni difetto, di una sinistra decente non vedo traccia, il conflitto sociale non esiste, il razzismo è accarezzato da chi governa, chi lancia vernice lavabile è trattato peggio di chi per decenni non ha pagato le tasse. Eccetera.

E poi c’è la Giustizia. A nessuno sfugge che, in Italia, la gravità del reato è immensamente meno importante della bravura degli avvocati. Certezze? Nessuna: né della pena, né dei tempi della sentenza. Prescrizione e vizio di forma sono le soluzioni più praticate dai colpevoli, che spesso – nella politica, nello sport, in qualsiasi ambito – tengono a libro-paga “opinionisti” che enfatizzano le loro ragioni.

L’inchiesta Prisma della Procura di Torino si regge su intercettazioni inequivocabili. Le dimissioni collettive del CdA della Juve – con un Agnelli al comando – sono state la conseguenza inevitabile, per salvare il salvabile. Nessuno osa sostenere che la Juventus sia innocente, i più zelanti si limitano a dire “non siamo solo noi”, “così fan tutti”, ma non potendo provarlo, gettano fango nel ventilatore e usano tutti i mezzucci consentiti dai Codici per dilatare i tempi. Hanno persino osato riesumare Calciopoli, ridando la parola a personaggi radiati dal mondo del calcio; quando Moratti dice di aver sbagliato a non chiedere i danni, mi viene da rispondergli che forse è il peggior errore della sua vita.

Continua a leggere

Su Inter-Monza, sulla candidatura per ospitare Euro 2032 e sulla sospensione della squalifica alla curva della Juve

Spesso mi vergogno del mio Paese. Il senso di estraneità, ostilità e amarezza che provo nei confronti di tante autorità pubbliche non è mai stato così aspro.

L’ho già scritto, lo ripeto, lo ripeterò ancora: le sentenze sui bilanci della Juventus possono farmi decidere di abbandonare ogni interesse per il calcio. Immagino il prezzo: allentare o perdere amicizie, trovare nuovi interessi e motivi per appassionarmi, eccetera. Non sarebbe una decisione facile (e ho pubblicamente ammesso di aver fallito nel mio personale boicottaggio dei Mondiali in Qatar: ho visto un quinto delle partite, non ce l’ho fatta a essere coerente fino in fondo). Ma quando il disgusto supera una certa soglia, credo necessario dichiararlo. Ecco, ieri si è fatto un altro passo in quella direzione: per i fischi razzisti a Lukaku, la chiusura della curva della Juve è stata “sospesa”, dunque l’unico che paga sarà Lukaku. Non è un’ingiustizia, è un sopruso. E mi vergogno anche dei dirigenti dell’Inter che accettano passivamente questo esito. Ma chi dovrebbe davvero vergognarsi sono quei milioni di tifosi della Juve che si dicono “di sinistra” o anche solo contrari al razzismo: non lo faranno, ecco perché il calcio mi sta diventando disgustoso.

Su Inter-Monza, poco da dire. Solo con due gol di vantaggio, l’Inter potrà passare una serata tranquilla. Farli non sarà facile, perché il Monza corre, è pieno di talento e di ambizione, e già all’andata – anche grazie a un arbitraggio rovinoso – ci ha guastato la serata. Ma solo se l’Inter batterà il Monza potrà continuare a inseguire il quarto posto, e solo se batterà il Monza potrà presentarsi all’appuntamento con il Benfica nello stato d’animo giusto.

Infine, due parole sulla candidatura della Federcalcio a ospitare gli Europei del 2032. Da un bell’articolo di Stefano Scacchi per “la Stampa”, ricavo che chi spera in un simile esito – non io, dunque – tifa Turchia per l’assegnazione dell’edizione 2028, dove il paese di Erdogan se la gioca con Gran Bretagna e Irlanda.

Euro 2032 potrebbe essere il primo grande torneo dopo Italia ’90 (a eccezione delle partite a Roma nell’Europeo itinerante del 2021). Italia ’90 me lo ricordo bene. Ricordo le tangenti, i furti grossolani, le opere pubbliche inutili, i tanti morti sul lavoro.

Stavolta, il dossier della Federcalcio coinvolge dieci città: Milano, Torino, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Cagliari. Un paio di assenze fanno discutere: niente Udine e niente Bergamo, che pure hanno gli stadi più nuovi e moderni. Manca anche Palermo, perché sarebbero state troppo due isole come sede delle partite della competizione; l’Uefa chiede che l’organizzazione sia sostenibile dal punto di vista ambientale. Si punta sulla Sardegna, dunque, perché Cagliari è più avanti nella progettazione del nuovo stadio.

Proprio gli impianti sono il tallone d’Achille dell’Italia vista l’arretratezza di quasi tutte le attuali strutture; la Turchia è decisamente avanti per questo aspetto, ma la Figc spera che l’Europeo possa servire da acceleratore per costruire nuovi stadi. Qualche “legge speciale”, qualche assegnazione modello “Ponte Morandi”, ecco in cosa si spera.

La corruzione è uno dei mali di questo mondo, ma davvero non riesco a credere che l’Italia del calcio possa essere “premiata” in presenza di vicende come quella di Lukaku – ne ha parlato tutto il mondo, figuraccia planetaria – e con un devastante processo sportivo (oltre che penale) nei confronti della società con più tifosi e più titoli. Vabbé che veniamo dall’esperienza con il Qatar, ma dubito che la Federcalcio disponga delle risorse per corrompere in senso stretto la maggioranza di coloro che dovranno decidere.

Il tempo dei giganti – Davide Barletti e Lorenzo Conte, 2022

“Xylella fastidiosa” è il nome attribuito a un batterio, il cui impatto fatica ancora a essere percepito nella sua gravità: eppure, da un decennio, sta devastando la Puglia, provocando la morte di milioni di alberi di ulivo. È all’origine della più grave pandemia botanica del secolo: e non è finita.

La morte di questi ulivi non è solo un disastro naturale: porta conseguenze incalcolabili su un territorio reso inabitabile, con un’enorme privazione simbolica e identitaria, se si pensa che fra le vittime vi sono alberi antichissimi, alcuni vecchi di secoli, alcuni millenari.

Prodotto da Dinamo Film, il documentario sta circolando in alcune città (a Bologna è stato programmato al cinema Galliera) con l’obiettivo di non far dimenticare questa catastrofe e trarne qualche insegnamento. Gli autori evitano ogni polemica politica – ma quanti errori, e sottovalutazioni, e irrazionalismi, nella gestione dell’epidemia: sembra un’anticipazione di ciò che è poi accaduto con il Covid – raccontando il viaggio di Giuseppe verso la terra dell’anziano padre, nella Piana degli ulivi monumentali. Un paesaggio ridotto a una tragica sequenza “di moncherini distesi verso il cielo per una preghiera che non potrà essere esaudita”.

Al disastro ha certo contribuito il cambiamento climatico e il progressivo indebolimento di un territorio segnato dalla monocoltura. Ma quando furono individuati il batterio responsabile e il suo vettore (un insetto, la “sputacchina”), si doveva agire con rapidità e fermezza, isolando e abbattendo gli alberi infettati, per creare una sorta di distanziamento, che rallentasse la diffusione dell’infezione. Non fu fatto. Anzi si è assistito alla diffusione di una sorda, ottusa sfiducia nella scienza e nelle soluzioni che andava proponendo.

Il film fa parlare Riccardo Valentini (ecologo, Nobel per la pace 2007), la divulgatrice scientifica Alessandra Viola, Marco Cattaneo (editor in chief di “National Geographic“, “Le Scienze“), il giornalista Stefano Liberti (“Internazionale“) e lo scrittore Daniele Rielli. Per ogni biglietto venduto in sala, un euro viene devoluto a Save the Olives, onlus impegnata nella salvaguardia degli ulivi monumentali e nella ricerca di nuove varietà resistenti alla Xylella.

Ken Parker in 100 puntate: 054

Ricapitolando: Ken Parker ha lasciato il West e, per stare vicino al figlio Teddy, si è trasferito sulla costa orientale. Le stesse qualità che gli erano servite per fare lo scout e sopravvivere negli ambienti più estremi, gli procurano un salario come investigatore privato. Ma la società urbana non gli è congeniale, preme sulla sua etica in modi sempre meno sopportabili. Ken è un individualista, non ha mai frequentato gli operai (dovrà fare a pugni per superare la loro diffidenza), non può avere una coscienza di classe, ma il suo intuito è infallibile nel valutare le ingiustizie. Alla fine di Sciopero, la sua vita subirà una delle torsioni più profonde.

Lo vediamo sotto la pioggia, in coda per farsi assumere nella più grande fabbrica tessile di Boston, la Textile Mill. Un dollaro per 14 ore di lavoro; il contratto comprende una clausola, l’impegno a non iscriversi a un sindacato. Nei dialoghi, si fa cenno al massacro di Chicago del Primo Maggio 1886. Alla Textile Mill, Ken scopre la rivoluzione industriale, la macchina a vapore alimentata a carbone, la catena di montaggio. La vita in fabbrica è resa con segni grafici che lasciano intendere come il rumore sia così assordante da coprire le parole.

The Worker è un giornale indipendente, finanziato e diretto dall’incorruttibile Winton, nel mirino della polizia che sta sul libro-paga del magnate Jay Troust. Costui coltiva rose in una grande serra: capitalista spietato – vaga somiglianza con Gianni Agnelli -, muove gli uomini come pedine (compreso il suo unico figlio, a cui nega la relazione con una povera sarta, costruendo false prove di tradimento), fa donazioni benefiche alla parrocchia di padre O’Hara, ma intende far chiudere The Worker e si prepara ad abbassare i salari o, peggio, a delocalizzare lo stabilimento.

Continua a leggere

4099, mi ricordo

Mi ricordo che è solo questione di tempo, tanto più alte sono le aspettative per un nuovo leader politico, tanto più rovinosa sarà la più o meno rapida delusione che suscita.

Scudetti in tempo di guerra

Fra la Guerra civile spagnola e i diversi livelli di coinvolgimento nei combattimenti e nei bombardamenti, c’è un decennio d’Europa che si può sintetizzare in questa tabella.

Da notare, i 7 anni senza campioni in Inghilterra, il Rapid Vienna che vince lo scudetto tedesco dopo l’Anschluss, e l’assenza fra le squadre spagnole del Real Madrid, solitamente considerata come prediletta da Franco.

In realtà, “il Madrid” – come lo chiama Javier Marias – restò senza vittorie fino al 1953, mentre il Barcellona – la cui sede fu rasa al suolo e il cui presidente giustiziato dai falangisti – appena il regime si stabilizzò, tornò presto a vincere.

Ho notato che lo Schalke 04 ha vinto 6 dei suoi 7 scudetti sotto il Terzo Reich. Gli stessi numeri valgono per il Bologna e il fascismo, come feci notare a qualche compagno di classe ai tempi delle medie…

Vincino, Cronache da Palazzo, Feltrinelli 1992

Palermitano del ’46, Vincenzo Gallo è uno degli autori più coerenti, nonostante le giravolte fra i giornali a cui ha collaborato: da Lotta continua al Corriere della sera, da Il Male a Cuore, da L’Ora al Foglio, passando per Frigidaire e l’Espresso, Linus e Vanity Fair. Raramente Vincino fa ridere, le sue vignette migliori fanno arrabbiare.

Vincino, Cronache da Palazzo, Feltrinelli 1992Il suo stile è rimasto abrasivo, sgraziato come ai vecchi tempi, quasi volesse rendere indigeribile la classe politica, il “Palazzo”. Lo spirito di Vincino è tendenzialmente anarchico, radicaleggiante, antiautoritario: prova un particolare gusto a sbeffeggiare i più potenti e i più amati.
L’autore ha raccontato di essere entrato per la prima volta alla Camera nel 1978. Quanto alla tecnica, “studio i miei personaggi, le situazioni, le facce, ma soprattutto le emozioni. E poi le butto giù con un tratto rapido, immediato, saltando la matita e lavorando direttamente a penna”.

Questo volume raccoglie la produzione dei primi anni Novanta. Sono gli anni della fine del Pci (Occhetto e D’Alema sono variamente ritratti), di Cossiga che impazza (Gladio), di Craxi e Martelli in attesa della “onda lunga” socialista, di Mariotto Segni e Leoluca Orlando, dell’eterna Dc incarnata da Andreotti e Antonio Gava, della Superprocura antimafia affidata a Falcone… La striscia intitolata “Come diventare deputati” fa capire come Vincino abbia intercettato i primi umori dell’antipolitica.

4080, mi ricordo

Mi ricordo che quando ho sentito parlare del “Mediterraneo allargato”, prima ho riso, poi ho pensato chissà cosa abbiamo da vendere agli indiani…

#Prisma, Juventus, Agnelli, satelliti, ricorsi e penalizzazioni “afflittive”

La Juventus ha presentato ricorso al Collegio di Garanzia del CONI sulla sentenza dei 15 punti di penalizzazione. L’udienza del Collegio di Garanzia dovrebbe tenersi entro tre settimane: l’organismo non entrerà nel merito della sentenza, potrà solo rilevare eventuali vizi di forma. E il “vizio di forma” pare l’ultima trincea juventina prima di Caporetto.

In quella sede, i 15 punti di penalizzazione non potranno essere né aumentati né ridotti; ma se il Collegio individuerà vizi di forma, può rimandare gli atti alla Corte d’Appello per una nuova determinazione. Oppure, quel meno 15 diverrà definitivo.

Di processi ne vedremo molti, quelli in sede penale si concluderanno fra chissà quanto. La giustizia sportiva, invece, deve produrre effetti tangibili in tempi brevi. Con una conferma del meno 15, l’esclusione della Juventus dalle coppe 2023-24 diverrebbe certa. E l’UEFA potrebbe attendere l’esito degli altri processi sportivi – “manovre stipendi” e “partnership con società terze” – per determinare il numero di anni di esclusione.

Fra le novità degli ultimi giorni, l’intervista in cui Andrea Agnelli parla da dirigente di A22 – l’associazione che insiste nel progetto Superlega – lasciando la sensazione del “muoia Sansone con tutti i filistei”: ogni parola dell’ex presidente danneggia la Juve che vorrebbe Elkann.

Continua a leggere