Aspettando Corto: Hugo Pratt racconta la sua infanzia e adolescenza

Rivisitazione – avvenuta nel 1987 – di «Le pulci penetranti», uscito nel 1971 per Alfieri. Sedici anni dopo venne ristampato dagli Editori del Grifo, a cura di Antonio De Rosa.

Raccoglie decine di disegni e acquerelli di Pratt, e fotografie dall’archivio di Patrizia Zanotti, a corredare un lungo testo autobiografico, un autoritratto romanzato che recupera i ricordi d’infanzia e d’adolescenza. Il tono è quello dell’avventura picaresca, divertita e divertente. È un testo spudorato e avventuroso, che spinge il lettore a invidiare le esperienze (anche quelle violente e pericolose) accadute a quel bambino e ragazzo.

Ugo arriva in Africa a dieci anni, nel 1937. Il padre, Rolando, “in una delle sue bravate giovanili aveva dato un pugno su un naso stortandolo tutto”; in tribunale, lo difese il padre di Tinto Brass, si fece sei mesi di galera e all’uscita gli risultò difficile trovare un lavoro, nonostante fosse dichiaratamente fascista.

Il bambino finisce ad Addis Abeba, al Villaggio Littorio. Le pulci penetranti sono insetti, parassiti che si introducono sotto le unghie dei piedi.
A differenza del padre, il ragazzino impara a parlare abissino e fa amicizia con alcuni indigeni; ammaestra delle scimmie, ma è costretto a liberarle dopo l’ennesimo incidente col padre, che minaccia di ucciderle.
Poi arriva la guerra ed è presto chiaro che gli italiani la perderanno. Ugo viene inquadrato nella Polizia Coloniale e fa inutilissime marce di 30 chilometri sotto il sole. “Allora ancora non sapevo che lo spettacolo del mondo stava diventando il mio archivio vivo di disegnatore. Avevo tredici anni”.

Fa l’amore con “la Nanda Brancati”, una coetanea. A insegnargli come si fa ,è un’abissina che si chiama Miriam.

Ailé Selassié viene rimesso al potere dagli inglesi; “ricordo che fin dal primo giorno c’era una guardia sudafricana bianca davanti alle banche”. Fatto prigioniero, il padre è malato, si è “preso l’ameba” e non può curarsi. Morirà due anni dopo in un campo inglese.

Seguono il racconto della terribile indigestione di banane, il contatto fisico con un cadavere, la gravidanza della madre, la nascita della sorellina già morta, il rimpatrio dei profughi italiani su iniziativa del Vaticano nel 1943, dopo sei anni d’Africa.

A Venezia, il nonno (Eugenio Genero) è sempre fascista. Il sedicenne fallisce miseramente come callista e viene spedito al Collegio premilitare di Città di Castello. Ma arriva l’8 Settembre.
“Settembre 1943: trascorrono per gli italiani i più bei giorni del secolo. C’era nell’aria una disperata allegria… Nessuno si sentì tradito, tutti si sentirono liberi. Gli italiani non si aspettano niente dall’organizzazione, dal potere, dallo Stato: li subiscono e basta. Gli italiani hanno inventato i tribuni della plebe duemila anni fa, lo sanno da un mucchio di tempo come va avanti il mondo. Se c’è una crisi di potere, l’italiano non si abbatte come abbandonato a se stesso, ma si esalta”.

Anni dopo, ci saranno l’imbarco a Genova, la traversata dell’Atlantico direzione Argentina, su invito dell’Editoriale Abril.
Arrivano i capitoli del sogno americano e dei primi lavori a fumetti: l’Asso di Picche, “quel bel giornaletto di comics”, esce 15 volte; l’amicizia con Dino Battaglia, Ongaro, Faustinelli… Ma la parte più interessante è finita: Pratt continua a srotolare storie di sfrenato vitalismo, di amicizie, di sesso, di bevute omeriche, ma non riesce più a suscitare empatia. È un maestro nell’arte di arrangiarsi e nel ricavare vantaggi anche dalle circostanze più sfavorevoli.

Una risposta a "Aspettando Corto: Hugo Pratt racconta la sua infanzia e adolescenza"

  1. Danilo Santoni 12 giugno 2023 / 18:32

    Quste recensioni sono top, Rudi, davvero: dovresti tenere anche un blog solo di fumetti…
    Tanto ce l’hai già detto che scrivi, troppo.

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