Ambiguo e implacabile, il destino avvolge Roy Hobbs fin dalla prima pagina. The Natural – il titolo originale – sta a identificare un uomo semplice, un talento naturale capace di fare cose che gli altri possono solo sforzarsi di imparare: è un romanzo profondamente americano, intorno al mito della “seconda opportunità” che tutti vorrebbero avere. Nel caso di Hobbs, si tratta di ricominciare con il baseball, dopo che la sua prima occasione di giocare nel campionato professionistico sfumò a causa di una donna.
Descrivendo l’ascesa e la caduta di un ragazzo di campagna, intrappolato nel suo passato e ossessionato dal desiderio di lasciare un segno nella storia del suo sport, Malamud compone una tragedia moderna, una favola fra salvezza e dannazione, polvere e gloria. L’eroe deve trovare la forza per rispondere ai colpi che gli riserva la sorte. Intorno a lui si muovono donne fatali, che attentano alla sua purezza e lo allontanano dal perseguimento dell’ideale. Qualche critico ha visto in Roy Hobbs una specie di Parsifal e in Wonderboy, la sua mazza, una versione di Excalibur.
Avendo visto il film, l’immagine scintillante di Robert Redford non mi ha mai abbandonato. Harriet (Barbara Hershey) si presenta con “la chioma sparsa in una schiuma di riccioli scuri… il viso era notevole, un po’ teso e pallido, e quando montò sul treno le sue gambe inguainate dal nylon diedero a Roy un attimo di batticuore”. Memo, con il suo “corpo da Miss America”, è Kim Basinger, Iris è Glenn Close. Girato nel 1986 da Barry Levinson, il film si concede un lieto fine che contraddice l’amara conclusione del romanzo.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.