Garbo Talks!, fu lo slogan: la Garbo parla, ecco l’evento. Il suo esordio nel nuovo cinema, dopo 13 film muti.
East River, una serata nebbiosa nella baia di New York: una coppia di anziani, un uomo e una donna mezzi ubriachi (George F. Marion e Marie Dressler), scende da un barcone ed entra in una bettola per bersi un altro bicchiere. All’uomo viene consegnata una lettera, è di sua figlia Anna, che non vede da 15 anni.
Il padre se l’immaginava a St. Paul, Minnesota, a fare la bambinaia. Anna gli scrive che arriverà presto, il vecchio ubriacone è contento, ma dice alla vecchia amica, Marthy, che non permetterà mai che sposi un marinaio.
Al minuto 15 e 14 secondi, appare Anna, dopo altri quindici secondi apre bocca:
“Gif me a wiskey, ginger ale on the side, and don’t be stingy, baby”.
Nella versione italiana, è la doppiatrice Rita Savagnone a scandire: “Portami un whisky, e qualcosa per allungarlo… e bada alla porzione, piccolo”.
Il barista replica: Te lo servo in un secchio?
E lei: Ecco, è proprio quello che ci vorrebbe”.
Nel passato di Anna c’è una violenza: l’ha subita da un parente, poi ha conosciuto tanti uomini. Li odia tutti. Così come il padre odia il mare (“il vecchio demonio”).
Anna sale a bordo. La chiatta parte verso nord. Una notte sono investiti da una tempesta, sentono un grido, raccolgono tre marinai stremati. Uno di loro, Matt (Charles Bickford), mostra subito un certo interesse verso quella giovane donna.
Lui la idealizza, la crede pura (le offre del latte, nemmeno una birra). In una lunga, lenta, statica scena teatrale, nella cabina della chiatta, Anna dice a Matt di amarlo ma di non potere sposarlo. Inevitabile spiegare che vita ha fatto, cosa le hanno fatto gli uomini…
Visti i disastrosi precedenti di altri-divi del muto, alla MGM erano molto preoccupati, la Garbo aveva un forte accento svedese, la protagonista venne perciò definita come un’americana di origini svedesi. La Garbo venne nominata agli Oscar, ma a vincerlo fu Norma Shearer, moglie di Irving Thalberg.
La capitale del mondo (Ernest Hemigway, 1936)
Paco veniva da un paesino sperduto e sottosviluppato dell’Estremadura, faceva l’apprendista cameriere grazie alle due sorelle che già lavoravano da anni a Madrid. All’albergo Luarca risiedevano sei toreri: due picadores, un banderillero e tre matadores. Di questi, “uno era ammalato e faceva del suo meglio per nasconderlo, uno aveva già superato il suo breve momento di gloria e il terzo era un codardo” (lo era divenuto in seguito a una cornata molto dolorosa).
Paco idolatrava i toreri, avrebbe voluto essere un torero, si divertiva a imitarne i movimenti. Un altro giovane cameriere gli dice che non saprebbe farlo, per il “miedo” (la paura): “Se non fosse per la paura, tutti i lustrascarpe di Spagna farebbero i toreri”. Ma Paco non ci sta, afferma di non provare paura e si presta a un gioco pericoloso: l’altro cameriere lega due affilati coltelli alle gambe di una sedia e nella grande sala da pranzo deserta, i due ripetono i movimenti dell’arena. È notte. Paco sbaglia un movimento per cinque centimetri e viene infilzato dal coltello: “Un’arteria femorale recisa si vuota più in fretta di quanto si possa immaginare”.
Mentre Paco muore, le due sorelle sono al cinema a vedere Greta Garbo in Anna Christie, il primo film sonoro della diva. Quel film deluse tutti, a Madrid, comprese le due sorelle di Paco, perché la Garbo stava “in un ambiente squallido e miserabile, mentre loro erano abituate a vederla in mezzo al lusso e alla magnificenza”.
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