Fra juventini e milanisti, chi ha più motivi per sentirsi deluso?

Le contestazioni popolari – le tifoserie più militanti che si attivano per mandare segnali alle società – non sono certo cominciate con il #Nopetegui. Ben prima che i social moltiplicassero il caos, c’erano state le rivolte dei laziali per scongiurare la cessione di Beppe Signori (1995), il celeberrimo “Non si vende Kakà” (2009), e anche l’Inter ha vissuto qualcosa di simile all’epoca (2014) dell’ipotizzato scambio fra Vucinic e Guarìn.

Ogni volta, i saggi commentatori chiudono il discorso con due frasi dal segno opposto: non si possono disprezzare i tifosi, portatori di soldi e calore; non si possono assecondare i tifosi, farsi influenzare è un segno di debolezza delle società.

Alla Fiera dell’Ovvio, oggi, sono interessate due delle tre tifoserie più numerose, e il Motivo Numero Uno è proprio questo: la terza tifoseria ha stravinto il campionato. Niente mi toglie dalla testa che un altro scudetto del Napoli, o della Roma, o di chiunque altro, non avrebbe prodotto tanta ostilità nei confronti di Allegri e di Pioli. Il problema è questa Inter.

Ma, rispetto ai proclami di Ferragosto e al potenziale delle due rose, chi ha più ragione di sentirsi deluso e lamentarsi, fra juventini e milanisti?

Può fare la differenza la Coppa Italia: trofeo insignificante solo se lo vince l’Inter, altrimenti in grado di “salvare una stagione”. Se Allegri e i suoi faranno festa contro l’Atalanta, che gioca nettamente meglio ma non ha un decimo della malizia dei bianconeri, aspettiamoci colpi di coda dagli influencer amici di Max. Se farà festa il Gasp, invece, verranno fotocopiate certe frasi profetiche di John Elkann.

A sfregiare la stagione rossonera sono i due derby e le tre Coppe: malissimo in Coppa Italia, male (con un po’ di sfortuna) in Champions, malissimo in Europa League.

Ma il Milan può ancora arrivare a 80 punti, che a me pare il suo valore potenziale. La Juventus, invece, può arrivare solo a 75, decisamente pochi, se si considera che non ha sprecato energie nelle coppe europee e, soprattutto, che “girò” a 46 alla fine del girone d’andata (46×2=92).

Dopo l’ottava giornata di campionato, nonostante il 5-1 nel derby, i rossoneri erano in testa alla classifica (21 punti, 7 vittorie); il crollo è arrivato inatteso e stato bruciante, tre sconfitte e un pareggio nelle successive sette partite, e l’Inter già lontana nove punti.

Dopo la ventesima giornata, invece, la Juve stava a meno uno, e alla vigilia dello scontro diretto a meno quattro, con appena una sconfitta patita nelle prime ventidue partite: da allora, il disastro (13 punti in 13 partite, con 4 sconfitte e solo 2 vittorie).

Nel doppio scontro diretto, a me pare che la Juve si sia dimostrata superiore al Milan: all’andata, ha vinto 0-1 a San Siro, approfittando dell’espulsione di Thiaw; al ritorno, pochi giorni fa, è finita 0-0 grazie alla magnifica prestazione di Sportiello.

In generale, il Milan ha giocato meglio, segnato di più, mostrato una manovra più spettacolare: 19 gol in più sono tanti, ma quasi compensati da quelli incassati (15); a oggi, quella del Milan è l’ottava difesa della Serie A, quello della Juve l’ottavo attacco.

Facendo leva su certi numeri e non su altri, le due tifoserie possono ritenere la propria squadra superiore all’altra, ma per come vedo io il calcio, l’Inter ha dovuto temere la Juve molto più del Milan. Fino a quando ha retto il muro del “corto muso”, con tanta fortuna, i bianconeri sono rimasti incollati alla vetta, mostrando un’identità tremendamente redditizia. Il Milan, invece, non ha mai saputo risolvere i problemi difensivi.

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