Mr Klein, Joseph Losey e Franco Solinas, Einaudi, 1977

Soggetto e sceneggiatura originale di Franco Solinas (1927-1982); alla sceneggiatura collaborò Fernando Morandi. Il testo pubblicato da Einaudi contiene scene tagliate nel montaggio definitivo.

La prima scena mostra una visita medica di rara e fredda crudeltà. Un medico francese misura le caratteristiche somatiche e fisiche di una donna nuda di circa quarantacinque anni, e detta a un’infermiera la compilazione di una scheda. Dai dati morfologici fa discendere il dubbio che la donna appartenga “alla razza semitica”; il referto verrà consegnato dalla Prefettura di Polizia.

In sottoveste, Jeanine sta discesa sul letto, nella ricca casa di Robert Klein. Lui indossa una lunga vestaglia di seta lucida, mentre sta trattando l’acquisto di un dipinto olandese del Settecento con un ebreo, che mostra un disperato bisogno di soldi. Non alza l’offerta. Fa compilare una ricevuta: Parigi, 12 giugno 1942. Quando accompagna l’uomo alla porta, trova sullo zerbino un giornale: la fascetta porta il suo nome, ma quel giornale è riservato agli ebrei.

Robert Klein beve un caffè in un locale “Interdit aux Juifs”… Appare chiaro che c’è un altro Robert Klein. Quando si reca all’indirizzo che ha rintracciato, il protagonista scopre di assomigliare a quell’uomo, la portinaia li vede simili. Curiosità e paura lo spingono a cercare altre tracce. E la polizia comincia a indagare su di lui.

Robert Klein viene presentato allo spettatore come un individuo vacuo, pieno di sé, fin troppo convinto del ruolo che si è conquistato nella Francia di Pétain, quella che “collabora” all’occupazione nazista. È disprezzabile per come approfitta della debolezza di chi deve vendere opere d’arte, e per come tratta le donne: ha una giovane amante, Jeanine, e ha avuto una relazione con Nicole, la moglie di Pierre, l’amico avvocato. Il pubblico può immaginare che si sia fatto molti nemici. Ma con lo sviluppo della trama, Robert Klein è costretto a interrogarsi – come accade ripetutamente in Kafka – su “quale possa essere la propria colpa, la propria responsabilità”. Sta diventando ben più che un equivoco sulla sua identità.

La prosa di Solinas è notevole; in particolare, quando descrive gli ingranaggi della macchina burocratica al lavoro, l’anonimato che costruisce la banalità del male. Ecco un passaggio sulla schedatura della popolazione: “Il ritmo delle macchine da scrivere sembra segnare il tempo, e sembra insieme suggerire il senso di quel lavoro anonimo, preciso, minuzioso e implacabile”.

Alla rabbia, allo scherno e all’odio di tanti francesi verso gli ebrei è dedicata la lunga scena nel teatro parigino, dove Robert ha portato Janine.

A disorientare il pubblico, l’episodio del cane, quel pastore tedesco che comincia a seguire Robert Klein e si installa nella sua casa, proprio mentre Janine se ne va; quel cane è identico a quello dell’unica fotografia, sul sidecar, dell’altro Klein.

La caduta del protagonista si fa rovinosa. Ovviamente, quando è lui a doversi liberare delle opere d’arte, altri se ne approfittano. Pierre gli procura documenti falsi, partirà in treno per Marsiglia, da lì si imbarcherà per il Messico. Bastano piccole sfumature per far capire allo spettatore che Pierre è a conoscenza della relazione adulterina della moglie e si vendica sottraendo a Robert un po’ di soldi.

Infine, Robert finirà ammassato nello stadio da cui partono i treni per i campi di concentramento. L’incubo diventa realtà. È una pagina cupa della storia francese, nel Vélodrome d’Hiver furono portati gli ebrei rastrellati a Parigi dal 16 al 17 luglio 1942, in quella che fu definita “Operazione Vento Primaverile”: 13.152 persone spedite ad Auschwitz.

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