Salinger, i Nove Racconti: ecco gli inneschi della trama

Muriel, la “signora Glass”, si trova in un grande albergo della Florida, quando riceve la telefonata della madre da New York. Molto preoccupata per lo stato mentale del gènero, la madre scopre che l’ultimo soprannome che Seymour ha attribuito alla giovane moglie è “Miss Puttana Spirituale del 1948”. Dice alla figlia che è “una cosa spaventosa. Anzi, è una cosa triste”. Seminuda, mentre si sta pittando le unghie, Muriel non la pensa così… Scopriamo che Seymour è un reduce: stato militare, in Germania, che Muriel lo ha aspettato per anni, finché non è finita la guerra, per qualche tempo lui è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico, la madre di Muriel teme che da un momento all’altro possa perdere “completamente il controllo di se stesso”. La figlia la rassicura, anche se il marito le ha fatto notare che dovrebbe proprio imparare il tedesco, per leggere le poesie che gli aveva spedito dal fronte. Sono tornati nello stesso albergo del viaggio di nozze…

Mary Jane ed Eloise sono amiche dai tempi del college; nessuna delle due l’ha finita, a entrambe piacevano molto i ragazzi. Quel giorno, Mary Jane è andata a trovare Eloise, che vive in una bella casa, ha una bambina, Ramona, e una domestica, Grace. Chiacchierano, fumano, bevono whisky allungato; è inverno, fuori sta ghiacciando. Tutti gli argomenti di conversazione sono rivolti al passato, prima che le loro vite da adulti si rovinassero. All’amica, Eloise mostra quant’è cresciuta Ramona, e le spiega che la bambina non si separa mai da Jimmy, un amico immaginario. Il primo marito di Eloise, Walt, è rimasto ucciso nell’esercito; il secondo marito, Lew, non sa nulla di lui. È stata una scelta di Eloise, che spiega all’amica: “Vogliono andare a dormire sicuri che hai passato tutta la tua vita a vomitare ogni volta che ti veniva vicino un ragazzo”…

Ogni sabato mattina, due quindicenni newyorkesi, Ginnie e Selena, giocano insieme a tennis, ma non sono amiche. È vero che Selena porta sempre le palle nuove (pare che sia il padre a fabbricarle), ma Ginnie è stufa di pagare tutto il taxi che le riporta a casa dopo la partita. Perciò, quel sabato mattina, chiede a Selena di dividere la spesa. Salgono nell’appartamento di Selena e così Ginnie fa la conoscenza del fratello, che si è appena tagliato un dito con una lametta da barba gettata nel cestino della carta straccia. Quel ragazzo conosce Joan, la sorella maggiore di Ginnie, e la considera snob, anzi “una supersnob”. Ginnie non la difende, si limita a dire che presto sposerà Dick, che sta in Marina. Il ragazzo le offre un sandwich, un bicchiere di latte, poi “dal taschino del pigiama tirò fuori una sigaretta che sembrava aver dormito con lui”…

Il narratore propone suoi ricordi del 1928, quando aveva nove anni (proprio come Salinger). Faceva parte del Club Comanche e partecipava a tutte le attività extrascolastiche del Club, guidate dal “Capo”, un ventiduenne iscritto a Legge, John Gedsudski. Tutti i bambini amavano e rispettavano John, che li portava a giocare a Central Park o alle Palisades, e nel viaggio di ritorno raccontava storie. Sapeva farlo benissimo: per esempio, l’indimenticabile storia dell’Uomo Ghignante. Era una storia a puntate, avventurosissima e tendenzialmente interminabile, traboccante di fatti improbabili e inverosimili, fantasiosa come le migliori fiabe per bambini o certe storie iperboliche immaginate da Snoopy nei Peanuts. Da bambino, l’Uomo Ghignante era stato rapito da banditi cinesi e siccome la famiglia non pagò il riscatto, la sua testolina fu inserita in una morsa e orrendamente deformata. Divenuto ricchissimo, l’Uomo Ghignante aveva bisogni personali elementari: “viveva infatti di una dieta composta esclusivamente di riso e sangue d’aquila, in un minuscolo cottage con palestra e poligono di tiro sotterranei, sulla costa tempestosa del Tibet”…

È un bambino di quattro anni, che si muove sempre “in punta di piedi” e costringe “ a stare attenti a quel che si dice, con lui in giro”: Lionel è l’oggetto del dialogo fra Sandra, la domestica dai “fianchi enormi” e Mildred Snell, che in quella casa va a stirare e fare le pulizie e da tre o quattro estati indossa “lo stesso interessante feltro nero”. La padrona di casa e madre di Lionel è Boo Boo Tannenbaum, nata Beatrice Glass. Ha venticinque anni, un viso indimenticabile, orecchie grandi e capelli disordinati. Quella è la casa sul lago, è già ottobre, Sandra sospira in attesa di tornare alla casa di città (New York, vicino a Central Park), da dove sta tornando il capofamiglia, che vi lavora. Da quando aveva due anni e mezzo, Lionel tende a scappare di casa e a nascondersi. Ora si è messo a giocare sul dinghy, la piccola barca del padre, ormeggiata a poche decine di metri dalla casa…

Nell’aprile 1944, al terzo anno da militare, il narratore si trovava nel Devon, per un corso propedeutico all’invasione della Germania. Fu allora che conobbe Esmé, una tredicenne che cantava nel coro di una chiesa. Il dialogo fra il soldato americano ed Esmé avvenne in un pomeriggio piovoso, all’interno di una sala da tè semivuota, la ragazzina aveva finito di cantare ed era entrata insieme al fratellino di cinque anni, Charles, e alla governante. Aveva visto il soldato fra il pubblico e si era avvicinata al suo tavolo. Esmé è orfana, vive dalla zia, ha un titolo nobiliare e un modo di parlare ampolloso; usa molto gli avverbi, soprattutto “estremamente”. Quando scopre che il soldato scrive racconti, Esmé gli chiede di scrivere uno su di lei, prima o poi, e intanto potrebbero scriversi delle lettere. Nel racconto, vorrebbe che lui inserisse tutto quello che sa dello “squallore”…

È notte, un uomo dai capelli grigi è a letto con una donna, sono nudi quando suona il telefono: altro capo del filo è Arthur, amico e collega (sono avvocati) di Lee, l’uomo dai capelli grigi. Arthur è mezzo ubriaco, si scusa di aver chiamato a quell’ora, vuole sapere se Lee sa con chi se n’è andata sua moglie Joanie, qualche ora prima erano tutti alla stessa festa. Arthur è geloso di Joanie, ogni giorno più convinto che lo tradisca. Dice di aver sbagliato a sposarla. Invidia l’amico che non si è mai sposato, gli spiega di aver “sposato la più grande attrice in potenza, la più grande romanziera inedita, la più grande psicanalista incompresa, la più grande celebrità vivente e misconosciuta di tutta New York”. Lee cerca di tranquillizzarlo, ma tutto lascia pensare che Joanie sia lì accanto a lui, che gli accende le sigarette e assiste a quella notturna conversazione telefonica…

Una decina di anni prima, John Smith rispose all’inserzione di una scuola di pittura per corrispondenza, che cercava insegnanti: finse di avere dieci anni di più, di essere un nipote di Daumier e di aver conosciuto Picasso, spedì un po’ di dipinti a tempera e a olio, si firmò Jean de Daumier-Smith, e venne scelto. Cinque settimane dopo, nell’estate 1940, partì per Montreal. Scoprì che la fantomatica scuola aveva solo due insegnanti, i coniugi Yoshoto. Scopre che se lui ha mentito, la scuola non è stata da meno. “Io – un uomo che aveva vinto tre primi premi, un intimo amico di Picasso (che a quel punto cominciavo a crede di essere davvero) – venivo usato come traduttore”. Il periodo blu di De Daumier-Smith è il racconto più lungo di questa raccolta, per certi versi il più divertente. John Smith si vede assegnare tre allievi: una massaia ventitreenne di Toronto, un fotografo cinquantaseienne dell’Ontario e una monaca di clausura, Suor Irma. I primi due – e un altro paio che si aggiungeranno nei giorni successivi – sono totalmente privi della “più piccola qualità che valesse la pena coltivare”. Suor Irma, invece, lasciava presagire le rarissime doti del genio (o forse, John Smith aveva un gran bisogno di dare un senso alla sua vita)…

Ottobre 1952: Theodore McArdle, detto Teddy, ha dieci anni e sta viaggiando con i genitori e la sorellina di cinque anni (Booper) su una gigantesca nave di ritorno da una lunga vacanza in Europa. Teddy è sottopeso rispetto alla sua età, ma ha qualità intellettuali fuori del comune, lo si può definire un genio. Ma il padre, che fa l’attore alla radio, non riesce a farsi ubbidire, e la madre cerca solo di tenerlo al riparo dalle attenzioni di chi lo analizza, lo interroga, lo sottopone a prove faticose. Teddy sa controllare le proprie emozioni e ha lasciato stupefatti alcuni scienziati, manifestando profonde conoscenze filosofiche di religioni orientali, attinte non si sa come, e teorizzando la necessità di abbandonare le convenzioni della logica. Esprime una sorte di saggezza, frutto, sostiene, di una lunga serie di reincarnazioni, che gli permettono anche di prevedere eventi futuri.

Dei Nove racconti di Jerome David Salinger avevo scritto anche qui.

  1. Un giorno ideale per i pescibanana (A Perfect Day for Bananafish, 1948)
  2. Lo zio Wiggily nel Connecticut (Uncle Wiggily in Connecticut, 1948)
  3. Alla vigilia della guerra contro gli Esquimesi (Just Before the War with the Eskimos, 1948)
  4. L’Uomo Ghignante (The Laughing Man, 1949)
  5. Giù al Dinghy (Down at the Dinghy, 1949)
  6. Per Esmé: con amore e squallore (For Esmé with Love and Squalor, 1950)
  7. Bella bocca e occhi miei verdi (Pretty Mouth and Green My Eyes, 1951)
  8. Il periodo blu di De Daumier-Smith (De Daumier-Smith’s Blue Period, 1952)
  9. Teddy (Teddy, 1953).

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