È una saga, ma non ho visto i primi tre episodi, a partire dall’unico che pare abbia avuto un senso, quello firmato da John McNaughton nel ‘98. Vi ho dedicato 95 minuti, in certi pomeriggi sono travolto dall’insipienza, tutto mi sembra troppo impegnativo, può bastarmi qualche scena d’azione, qualche ragazza in bikini, qualche straccio di sceneggiatura thriller.
So di meritarmi la delusione che ne consegue. Scene d’azione mosce (compresa la corsa fra motoscafi, fast & furious con tanti spruzzi), molte ragazze in bikini (ma nessuna davvero bellissima) e una sceneggiatura imperniata su questa banalissima ricetta: ti faccio credere che il colpevole sia A, poi che sia B, poi che sia C, poi che sia D, e il vero colpevole te lo mostrerò nell’ultima scena, senza averti dato alcun elemento per risolvere l’enigma.
L’avidità muove il mondo. Vi giunge nuova? In questo caso, si tratta di un’avidità scoperta, lampante, totalizzante, che investe ogni personaggio, motivandone le complicità e i delitti. Tutti sono avidi: chi ha fatto i soldi e i giovani eredi (tipi alla Pietro Maso, convinti di avere il diritto di usare la ricchezza ben prima che i genitori gliel’abbiano consegnata).
Avidità e sesso muovono il mondo. Nemmeno questa è nuovissima. Ma Sex Crimes 4 vorrebbe depistarci con la promiscuità sessuale, inseguendo la folle, totale amoralità di American Psycho, salvo cadere nell’ovvio con “classici” ingredienti come il ricatto e la vendetta.
Alla lettura del testamento, l’antipaticissimo Carson scopre di non poter ereditare i soldi e le proprietà del padre (morto in circostanze sospette) fino a quando non compirà trent’anni. Unica alternativa, sposarsi con una conturbante coetanea: non è una scelta difficile.
Everglades (Florida) da cartolina e attori inespressivi: non è solo un’opinione: a quattordici anni di distanza, nessuno è riapparso in ruoli rilevanti.
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