Una famiglia perfetta [4] Paolo Genovese [XXXIV]

Mettiamola così: non ho voglia di stroncature, e forse non l’ho capito io.
Ma se la prima mezzora fa sorridere e i tempi comici si intervallano a un’amarezza cupa, un retrogusto pungente, che prima o poi ci si aspetta verrà spiegato, l’ora che segue, deraglia, parte per la tangente.

L’idea di partenza era interessante: un uomo all’apparenza ricchissimo paga degli attori per fingersi la sua famiglia, la vigilia di Natale. Quell’uomo ha sadiche pretese di perfezione, e ogni tanto cambia le carte in tavola, mettendo in difficoltà gli attori.
Ma lo svolgimento non è all’altezza.
Giallini e Castellitto - Una famiglia perfettaTroppo glamour l’ambientazione, quelle colline umbre nei pressi di Todi che rappresentano il Made in Italy appetito da inglesi e tedeschi.
Troppo piatta la recitazione, con piccoli drammi familiari incapaci di suscitare la benché minima immedesimazione.
Quanto agli “imprevisti” – l’arrivo di Francesca Neri, il suicidio di Ilaria Occhini – la commedia degli equivoci ha pur sempre bisogno di pretesti plausibili.

Poi ci sono i momenti intimi, a due, le confessioni private, e raramente ne ho viste di così piatte e prevedibili.
Fra realtà e fantasia, solitudine e responsabilità, copione e improvvisazione, l’ultima mezzora si spegne con una lentezza esasperante, la luce dell’alba provoca un autentico sollievo.
In fondo, la sgangherata compagnia teatrale recita per un solo spettatore.
Quel che risulta strano è che di spettatori ne restino molti, fino alla fine.

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