Airport – George Seaton, 1970 – 6

L’interesse di questa pellicola sta tutto nella struttura corale: una serie di vicende che si alternano al centro della narrazione, dal romanzo omonimo (1968) di Arthur Hailey. A enfatizzare il gioco a incastro, un frequente ricorso allo split screen.

Kolossal accuratamente programmato per rispondere alla atavica paura del volo, con la fiducia nella tecnologia. Sullo sfondo del disastro, si stagliano alcune storie d’amore, e la tragedia consente di fare chiarezza nei propri sentimenti.

Dieci nominations, ma solo un Oscar, all’attrice non protagonista, la settantenne Helen Hayes, che già aveva sollevato la statuetta nel lontano 1932: è lei a dare il tono da commedia ai primi 100 dei 130 minuti, nei panni di una simpatica vecchietta che sa imbarcarsi sugli aerei senza possedere il biglietto.

Burt Lancaster è il manager dell’aeroporto Lincoln, a Chicago (ma le riprese furono effettuate a Minneapolis): molto apprezzato sul lavoro, la sua vita privata va a rotoli, e la moglie (la sofisticata Dana Wynter) va a dirgli che è finita, sollevandolo dal peso di doverle dire che ama un’altra, la bionda, deliziosa Jean Seberg, addetta agli imbarchi per una compagnia aerea.

Dean Martin è il secondo pilota del Boeing 707 su cui avverrà l’esplosione: sposato e farfallone, l’ultima fiamma è una hostess, Jacqueline Bisset, che gli comunica di essere incinta e di voler tenere il bambino (rimarrà gravemente ferita dallo scoppio).

Van Heflin è il passeggero pieno di debiti e preda della depressione, che ha costruito una bomba e stipulato una ricca assicurazione sulla vita a favore della moglie, Maureen Stapleton.

George Kennedy, per una volta nei panni dell’eroe e non del criminale, dirige lo sgombero della neve dalla pista, e dovrà occuparsi anche di un aereo bloccato, che la ostruisce.

Gli ultimi 30 minuti ci catapultano entro i canoni del filone “catastrofico”, di cui Airport è una pietra miliare. Seguiranno vari sequel, ma soprattutto una strepitosa parodia: L’aereo più pazzo del mondo.

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