Il Padrino parte III – Francis Ford Coppola, 1990 – 7

 

La casa sul lago Tahoe è stata abbandonata da sette anni, Michael Corleone è tornato a New York, è il 1979.
Il Don scrive una lettera ai figli, Anthony e Mary, chiedendo loro di partecipare alla cerimonia in cui gli sarà conferita un’onorificenza papale per le sue opere di beneficenza.
Sofia Coppola interpreta Mary. Alla festa che segue, partecipa Vincent Mancini, figlio di Lucy, l’amante di Sonny. Coraggioso, sbruffone, iracondo e impulsivo, Vincent (Andy Garcia) è con tutta evidenza il figlio illegittimo di Sonny Corleone.
Nel suo studio, come ha sempre fatto il Padrino, Michael deve cercare di risolvere problemi: il più spinoso glielo pone Joey Zasa (Joe Mantegna), un giovane boss che sembra volersi allargare un po’ troppo, e ha litigato con Vincent, che al momento dell’abbraccio pacificatore quasi gli stacca un orecchio…

Non ci sono più affari illegali nella Famiglia Corleone. Anzi, Michael può prestare una cifra favolosa alla Banca Vaticana, in cambio della scalata al più grande gruppo immobiliare del mondo. Ma quando Michael va in Vaticano per la ratifica dell’accordo, Paolo VI è gravemente malato e l’incontro con i banchieri si sviluppa con un tono minaccioso, come fosse fra gangsters.

Michael tiene Vincent sempre più vicino a sé. Pazientemente, intuendo di poterne fare il suo erede, cerca di fargli capire come comportarsi: «Non devi mai odiare il tuo nemico, ti offusca il cervello».
L’attrazione è incontenibile, i due cugini, Mary e Vincent, si dichiarano e fanno l’amore, subito prima che lui indossi i panni del killer.

73’: una processione religiosa attraversa Little Italy, Joey Zasa è la versione moderna di Don Fanucci, e Vincent si cala nel ruolo del giovane Vito Corleone: fucili a canne mozze e Vincent travestito da poliziotto a cavallo, pongono fine al dominio di Zasa.

81’: Michael va in Sicilia, accolto come un benefattore. Mary non intende obbedire all’ordine del padre, anzi vuole vivere con Vincent. Fra Michael e Kay si ristabilisce una comunicazione sentimentale.
Michael chiede a Vincent di fingersi disposto a tradire, con Don Altobello, usando proprio l’argomento della relazione fra cugini. Ha ormai chiaro che la Banca Vaticana l’ha truffato, Don Tommasino gli procura un incontro con un cardinale onesto (Raf Vallone), a cui racconta tutti i dettagli della truffa.

118’, i cardinali in conclave: viene eletto Papa il cardinale che ha ricevuto la confessione di Michael. Sono sempre più espliciti i riferimenti allo IOR, alla P2, a Sindona, Andreotti, Calvi, Marcinkus, e al breve papato di Luciani.
Mortalmente stanco, sfibrato, Michael affida a Vincent la gestione della Famiglia, ma pone una condizione: «Rinuncia a mia figlia. È il prezzo che paghi per la vita che hai scelto».

127’: comincia la lunga (28’), tragica, melodrammatica scena conclusiva, al Teatro Massimo di Palermo. L’opera che fa da sottofondo e contrappunto è la Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. La scena ha qualcosa che richiama l’Hitchcock di L’uomo che sapeva troppo, nell’alternanza di speranza e tensione. L’urlo muto di Al Pacino squarcia la notte palermitana.

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