Anna Karenina di Sandro Bolchi, 1974

Quando il format del “romanzo sceneggiato” stava decisamente declinando, fra il 10 novembre e il 15 dicembre 1974, la RAI mandò in onda Anna Karenina sul “Programma Nazionale” (attuale Rai 1) in sei puntate di poco più di un’ora, in bianco e nero. Regia di Sandro Bolchi, autore anche della sceneggiatura, altrimenti detta “riduzione televisiva” da Tolstoj, insieme a Renato Mainardi; musiche di Piero Piccioni, scenografia di Bruno Salerno, costumi di Maurizio Monteverde e, non accreditato, Pierre Cardin. Ecco gli attori e i personaggi principali:

Lea Massari: Anna Karenina. Pino Colizzi: Aleksej Vronskij. Sergio Fantoni: Konstantin Levin. Giancarlo Sbragia: Aleksej Karenin. Nora Ricci: Lidija Ivanovna. Mario Valgoi: Stepan Oblonskij (“Stiva”). Marina Dolfin: Daria Scerbatskaja (“Dolly”). Valeria Ciangottini: Ekaterina Scebatskaja (“Kitty”) e Sergio Graziani: Nicolaj Levin.

A mezzo secolo di distanza, resta un prodotto di alta qualità, ma devo innanzitutto sottolineare come le scelte di cast tradiscano la giovinezza dei personaggi di Tolstoj. Nel romanzo, Anna Karenina e il conte Vronskij non hanno ancora trent’anni, mentre Lea Massari ne aveva già compiuti quaranta e Pino Colizzi trentasette. La distanza è ancora più rilevante per Kitty, che nelle prime pagine non è ancora diciottenne, mentre Ciangottini era vicina ai trenta.

Viene inevitabile comparare gli attori di questo sceneggiato con le immaginazioni derivanti dalla lettura del romanzo e dalla visione di altri film. In ordine di apparizione…

Mario Valgoi è un’autentica rivelazione: il suo “Stiva” è un viveur ancora più grottesco e ambiguo di quanto mi aspettavo. Anche Sergio Fantoni mi pare adatto a esprimere la timidezza, la testardaggine e l’intransigenza morale di Levin. Meno apprezzabili le scelte della bionda, sbiadita Ciangottini, che esprime la sua infelicità in modo piatto, e della bruna Marina Dolfin, che ogni tanto riesce a proporre un personaggio amareggiato e sfiorito, consapevole dei tradimenti del marito ma incapace di lasciarlo. Odiosa e ambigua in ogni suo atteggiamento, Nora Ricci prepara il terreno all’influenza che Lidija Ivanovna conquisterà su Karenin.

Dopo 25 minuti appare Lea Massari. Ingeneroso ogni confronto con la Garbo. Fotogenia incantevole, ma la recitazione lascia perplessi: tropo rapidamente passa dal broncio a sorrisi radiosi, e nel colloquio in cui convince Dolly a non lasciare Stiva risulta più opportunista e favorevole agli interessi del fratello di quanto non appaia nel romanzo.

Quanto a Vronskij, vale a dire a Pino Colizzi, il discorso è complicato. È stato fra i grandi, grandissimi doppiatori italiani, mentre come attore non ha lasciato il segno (non ho visto il suo Tom Jones del 1960, non lo ricordo in Metello accanto a Massimo Ranieri, ma solo la sua partecipazione a La piovra, e la sua carriera è stata soprattutto teatrale). Ma la favolosa intonazione di Colizzi ha assecondato Jack Nicholson, Michael Douglas, Christopher Reeve, James Caan, Richard Dreyfuss, De Niro nel Padrino, Martin Sheen in Apocalypse Now… Gli viene affidato uno dei ruoli più inafferrabili, quello dell’uomo che fa perdere la testa ad Anna Karenina, in certi passaggi è perfetto, mentre in altri si mostra legnoso, impacciato, carente di fascino.

Scelta positiva, invece, quella di Sergio Graziani, nei panni di Nikolaj: esaltato, febbricitante, con quella lunghissima barba grigia, l’attore sa conferire al suo personaggio uno spirito ribelle, un umore mutevole, una fragilità disarmante.

In assoluto, la scelta di cast più azzeccata è quella di Karenin. Giancarlo Sbragia è un grande attore, gli bastano minimi movimenti del volto e variazioni nel volume della voce per esprimere una ricchezza di emozioni, tanto più intensa in quanto il suo personaggio sembra anaffettivo e compie ogni scelta sulla base delle convenzioni sociali.

Bolchi ha diretto sceneggiati per vent’anni, sa mettere la macchina da presa al posto giusto, usa lo zoom in avanti e indietro, sottolinea i silenzi e le studiate lentezze, predilige le scene a due: Anna e Karenin, Kitty e Dolly, Levin e Nikolaj, Stiva e Levin, Anna e Vronski… Ogni tanto, imprime accelerazioni tramite scene di massa spettacolari. Per esempio: il ballo moscovita in cui Kitty comprende l’attrazione di Vronski per Anna; il teatro a Pietroburgo, dove Anna e Vronski si scambiano sussurri, suscitando la fredda rabbia di Karenin; la colazione di Vronski al circolo ufficiali del reggimento (Mario Valdemarin e Luciano Melani interpretano due compagni di Vronski); la corsa a ostacoli che si conclude con la caduta da cavallo di Vronski e il grido di Anna; la mietitura a cui decide di partecipare anche Levin, che pure è il padrone della terra. (1 di 2, segue)

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