Freaks – Tod Browning, 1932 – 9

Ha più di novant’anni, ma resta uno dei film più terribili e trasgressivi mai realizzati da una major hollywoodiana: la Metro-Goldwyn-Mayer diretta da Irving Thalberg. Lo vidi trent’anni fa, grazie al Fuori orario di Ghezzi e soci, e per l’ennesima volta la visione mi ha impressionato.

Nato nel 1880 a Louisville, Kentucky (come Cassius Clay, Muhammad Alì), Browning lavorò in un circo come clown e acrobata. Aveva diretto pellicole di genere e veniva dal trionfo di Dracula, con Bela Lugosi, ma con Freaks volle dilatare i confini del rappresentabile e andò a sbattere contro il muro dell’insuccesso. Catene di cinematografi rifiutarono di proiettarlo, gran parte della critica cadde nell’equivoco.

Non è un horror, a meno che dentro questa etichetta comprendiamo l’animo umano, la natura umana. Sfilano fenomeni da baraccone, “scherzi della natura”, persone deformi eppure capaci di emozioni e sentimenti amorevoli. Ne scaturisce una sinfonia politicamente scorretta, che allarga i confini dell’umanità, fra gemelle siamesi, ermafroditi, uomini senza braccia e senza gambe, nani, donne barbute, malformazioni quasi insopportabili alla vista.

Siamo in Francia, così ci viene detto, ma tutto è fuori dal tempo e dallo spazio, immerso nel microcosmo circense, con scenografie di quel Cedric Gibbons, che legò il suo nome all’epopea della Garbo. Fra gli interpreti, Olga Baclanova, Wallace Ford, Leila Hyams, Roscoe Ates, Henry Victor e Harry Earles, attore nano che aveva già recitato con Browning in The Unholy Three (1925), e segnalò al regista un racconto di Tod Robbins (Spurs, 1923).

Il banchetto di nozze costituisce una delle scene più disturbanti in cui mi sia imbattuto; Lynch, Jodorowski, Tim Burton e tanti altri si sono abbeverati a questa opera maledetta, la cui durata sfiorava i novanta minuti, mentre la versione appena restaurata arriva a 62: la mezz’ora che manca è una cicatrice sulla storia del cinema.

Il Cinema Ritrovato 2024

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